domenica 26 giugno 2011

PICCOLA ANALISI DELLE ANALISI REFERENDARIE (e abbozzo) / 2

ecco qui il seguito del post pubblicato qualche giorno fa, con le mancanti interpretazioni che gli sconfitti del referendum hanno fornito.

3 - i vincitori sono virtuali (e fancazzisti)
Si dice spesso che gli amici non si scelgono, ma TI scelgono. Brunetta ha scelto Stracquadanio, o Stracquadanio ha scelto Brunetta? Sia come sia, la loro amicizia sembra essere una questione di affinità elettiva, come avrebbe detto Goethe (se di fronte a tale paludoso e puteolente panorama politico non avesse scelto di far della vita letteratura, suicidandosi proprio come il suo Werther ma per tutt’altre ragioni). Stracquadanio (guardatelo qui) rispolvera addirittura, tanto è sicuro di sé, categorie politiche di sinistra: l’egemonia gramsciana. Parlando da un ambone ad una platea ammiccante, spiega perché in rete le voci critiche sono così preponderanti: perché sono per la maggior parte lavoratori statali, che non fanno un cazzo (sic) dalla mattina alla sera, che continuano ad andare su facebook a cliccare “mi piace” a caso qua e là, e che poi alle due hanno finito di lavorare (ma per lui non hanno mai cominciato….) e vanno a casa a cliccare ancora, e ancora, e ancora, fino al clic orgasmico. Mentre lui, l’inflessibile e produttivo Stracquadanio, lavora. Pensa, dice, perché deve corredare le tesi che assevera con fatti. Lui lavora e pensa; gli altri non fanno un cazzo, e sono per giunta pochi, ma siccome non fanno un cazzo si moltiplicano nell’ambiente virtuale, e sembrano egemonici… ma state tranquilli, dice alla platea, non lo sono. Sono solo fancazzisti. Peccato che il vero fancazzista sia quello che gli ha dato la poltrona, il grande Charlus delle notti arcoriane, che fa ben altri “clic”, che smanetta altro che mouse, che non ha né tesi da sostenere con argomenti, né opinioni politiche da discutere con chicchessia. È il tuo fare politica, Stracquadanio, che è virtuale, rassegnati.

4 - elezioni o erezioni?
Che ci sia una certa confusione, all’interno dell’area di centrodestra, tra educazione politica ed educazione sessuale, lo sappiamo da tempo; di ciò, dunque, non ci meravigliamo più. La notizia è, semmai, che anche i sedicenti intellettuali della stessa area prendono sul serio questa confusione e, lungi dal considerarla come un cancro da estirpare, la riconoscono implicitamente come l’anima della politica aujourd’hui. parlerò qui di una posizione che è stata assunta da Feltri, e talvolta anche da Belpietro. Il primo è quello che fa ancora il giornalista dopo essersi inventato (e aver arrogantemente difeso le sue fonti, rivelatesi poi fantasiose) il “mistero Boffo” (!) di sana pianta, e che lavora con uno (che è per l’appunto “l’altro”) che dice di aver subìto un fantomatico attentato di cui nessuno ha più saputo nulla. Cosa sostengono F&B? In una sovrapposizione totale (ma inconfessata) di erotismo e politica, hanno più volte posto l’attenzione sull’appeal berlusconiano, che “non è più quello di un tempo”. Il progetto politico del centrodestra italiano è appeso, apertis verbis, ad una asticella che pare non alzarsi più tanto facilmente come un tempo. Nell’estrema raffinatezza intellettuale dei loro discorsi (?), F&B esprimono l’impotenza concettuale del popolo conservatore, e ci fanno sospettare che le imposizioni europee della BCE siano l’unico fattore che, anziché aver costretto il governo a fare una cosa piuttosto che un’altra, ha costretto il governo a fare qualcosa. D’altra parte, Minzolini, nell’ultimo suo editoriale prezzolato, ha menzionato, tra le cose fatte dal governo (“non si può negare che questo governo abbia fatto molte cose”, ha detto) la riforma dell’università (tre anni fa, e una volta si diceva: piuttosto di far male, meglio non fare), e il federalismo fiscale. Quest’ultimo, cos’è, oltre il suo vago concetto? Ma F&B si auspicano che Berlusconi torni a vibrare colpi con la sua scure, che ritrovi il suo appeal per vincere di nuovo le elezioni. E di fronte alla convinzione di Pansa che Berlusconi dovrebbe ritirarsi, in quanto elemento di contenimento e soffocamento di un processo di rinnovamento interno del Pdl, Belpietro ha replicato che in fondo, sebbene l’appeal di Berlusconi sia un po’ in calo, rimane comunque eccezionale: cestinarlo sarebbe una follia. Ciò che indica due cose, almeno: che sono consapevoli che il partito non è nulla e che tutti (di)pendono dal Charlus di Arcore; che ciò che conta, in politica, non è articolare un progetto e produrre condizioni migliori per i concittadini: ma è vincere nel momento della verità, quello dell’erezione…ehm, pardon: dell’elezione, ovviamente. (Ma che differenza fa?)

5 - la questione della responsabilità (Lupis in fabula)
A fronte di quanto detto finora, c’è addirittura la possibilità che Lupi sia un buon uomo. Non sapeva cosa dire, subito dopo la batosta, e ha ripetuto l’eterno ritornello delle responsabilità: ognuno deve assumersi le sue responsabilità, eccetera eccetera eccetera. L’ho sentito dire però una cosa del tipo: “è evidente che, anche nell’elettorato del centrodestra, c’è un malcontento…. Ecc.”. Qual è l’elemento avulso, estraneo, abnorme di questa frase? “è evidente”. Poiché sappiamo che l’evidenza non è una questione di “visione” diretta di una realtà, e che al contrario ogni visione passa attraverso alcune lenti interpretative (mi fermo subito in questa deviazione un po’ troppo filosofica), allora dobbiamo dire che Lupi è stato colto qui in fabula. Sta attivando, infatti, una griglia interpretativa diversa da quella che mettono in gioco i Vespa (negazione con sostituzione di altri mondi), gli Stracquadanio (virtualizzazione), i Feltri e i Ferrara (contrazione dell’appeal personale), i Formigoni (autismo interpretativo). Il problema di Lupi è il disorientamento, poiché nel frattempo l’idea della “responsabilità” è passato sotto l’appannaggio di Scilipoti, e di conseguenza “assumersi le proprie responsabilità” diventa qualcosa di pericolosamente vicino a diventare prosseneti compiacenti. Ma Lupi dice che c’è un malcontento, e non aggiunge altro (se non appunto l’evidenza che questo malcontento semplicemente c’è, sta lì in attesa di essere interpretato). Proprio questo silenzio di Lupi, questo scacco cui egli si sottomette, la mancanza di una soluzione pronta, è ciò che lo rende diverso da tutti i suoi compagni d’opinione. Ma il fatto che egli rimandi “alle segrete stanze” l’articolazione di questa evidenza ci dice che questa evidenza non verrà mai presa sul serio da alcuno.

il lavoro, però, non è qui concluso. come hanno analizzato l'evento referendario i partiti dell'opposizione? è chiaro che qui una certa attenzione deve andare al Pd, al suo aver vinto e non aver vinto allo stesso tempo (cosa da funambolo di primissima qualità...!). Qual è il significato della lamentela di Di Pietro di non essere stato chiamato dal Pd per organizzare l'azione di opposizione? e qual è il senso del fatto che i parlamento le opposizioni non sono riuscite a redigere una mozione di sfiducia condivisa? queste domande potrebbero orientare una riflessione che porti ad illuminare la relazione oggi esistente tra i movimenti di massa, luoghi capaci di articolare proposte contenutistiche e metodi di lavoro e di creazione di contenuti, e i partiti. può darsi (ma non so dirlo con certezza, poiché questa analisi è solo all'inizio) che l'atteggiamento dei partiti che hanno vinto (con riserva, nel caso del Pd) ci dica anche di più di quanto i deliri interpretativi dei protagonisti del centrodestra possano fare.


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