venerdì 1 ottobre 2010

LETTERA APERTA AL SINDACO FLAVIO TOSI

G. le Sindaco Flavio Tosi,

Le scrivo questa lettera aperta dopo aver meditato sui recenti fatti che hanno coinvolto, e che stanno tuttora coinvolgendo, la Lega Nord nel comune di Adro; e soprattutto dopo aver pensato a quello che Lei ha sostenuto, poche sere fa, durante la trasmissione “Otto e Mezzo”, in cui questo argomento è stato messo a tema. Le scrivo perché, in quanto cittadino veronese, vorrei avere dei chiarimenti su come Lei intende la vita democratica, la cui dialettica, in cui io credo fortemente, in quanto Primo Cittadino Lei ha il dovere, credo, di proteggere e tutelare.  Ho avuto modo di ascoltare le sue parole sulla vicenda, che in parte mi hanno confortato: Lei sostiene che il sindaco di Adro abbia esagerato e ha assicurato che a Verona un episodio simile non accadrà. Questo mi rincuora, perché se io avessi un figlio o una figlia in quel comune, non potrei manderli a scuola fino a quando quei simboli (come tutti i simboli, riferibili in un modo o nell’altro a qualche formazione politica) non venissero tolti. E scriverei ogni giorno al Presidente della Repubblica affinché intervenisse immediatamente. Mi sento dunque tranquillo. Tuttavia l’ho sentita dire, prima di ammettere quello che ha ammesso (e cioè che Oscar Lancini avrebbe esagerato), che quel simbolo, in fondo, è un simbolo culturale; che “il sole delle Alpi” si incontra sui monti della nostra terra. Sebbene questo possa essere vero, non posso non ritenere questa esternazione un insulto al buon senso. Tanti simboli politici del passato e del presente (ad esempio la svastica, ad esempio la croce celtica) sono simboli culturali; ma quando sono assunti da una fazione politica diventano simboli politici, e quando sono usati da un sindaco leghista, essi sono usati in senso politico. Come cittadino veronese, mi sono sentito preso in giro da questa Sua precisazione, chiaramente demagogica e artificiosamente semplificatrice. Ma Lei stesso sa che questa distinzione tra simbolo culturale e politico esiste, come implicitamente la sua ammissione successiva che il sindaco di Adro avrebbe “esagerato” lascia in qualche modo intendere. 

C’è un’altra cosa che però mi lascia perplesso. Lei ha sostenuto che il sindaco in questione è stato eletto dai cittadini, e che sarà di nuovo sottoposto al giudizio popolare tra qualche tempo; i cittadini valuteranno il suo operato, vicenda in questione compresa, e quindi potranno rivotarlo o meno. Questo discorso non prevede minimamente una tutela delle minoranze durante un mandato. Dice semplicemente che, se la maggioranza della cittadinanza voterà di nuovo il sindaco in questione, questo sancirebbe automaticamente la bontà del suo operato. E questo discorso, in quanto cittadino veronese, mi spaventa. Mi spaventa perché non riesco a capire perché, allora, Lei pensi che il sindaco di Adro abbia “esagerato”; e anche perché non mi riconosco nel Suo modo (se è effettivamente questo) di vedere la democrazia. Io, che sono un semplice cittadino ma che credo nei valori democratici, credo che la democrazia trovi la sua definizione più piena non come governo della maggioranza, ma come rispetto e tutela della minoranza da parte della maggioranza. Ma di questo nel Suo ragionamento non c’è traccia; ma allora perché il sindaco di Adro avrebbe esagerato? In base a cosa?

Credo di avere diritto a un Suo chiarimento su questo punto, perché un Cittadino ha il diritto di sapere che cosa può aspettarsi, e perché, dal suo Primo Cittadino, che è la sua prima garanzia.  Se Lei crede, come me, che l’esposizione di un simbolo politico in un ambiente pubblico sia una violenza alla neutralità dell’educazione, e un sopruso per la minoranza che nel simbolo non si riconosce, mi piacerebbe che lo rendesse noto. Che lo dicesse, a me e a tutti i miei concittadini. E che, di conseguenza, facesse qualcosa perché la situazione si sblocchi. Ogni silenzio non è in fondo una implicita connivenza? 

Distinti Saluti,  Stefano Pippa 

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