mercoledì 27 ottobre 2010

CHISSENEFREGA DELLE RIFORME.

ieri sera ho sentito Franceschini arrabbiarsi. era un po' sfatto, si vede che non è un gran periodo. quando ha detto, in un empito di autoesaltazione, "... arriveremo noi e quelle riforme [giustizia e menate varie] le cancelleremo....", la reazione di Gasparri (: "eeeehhhhhhhhhhhh" incredulo), lo ammetto, è stata un po' anche la mia. ma la verità è che, pur non credendoci, ci spero davvero. spero che un giorno questo incubo finisca, che qualcuno vada a governare sul serio, perché l'italia oggi è un paese piombato nell'anarchia. Franceschini ha detto per ben due volte che ciò che in questo paese manca è la "moralità". parola difficile da ascoltare, ricorda il moralismo, ed il moralismo ricorda il pensiero dominante, che è quello di chi domina e che stabilisce il bene e il male e cose così. ieri sono incappato in una frase di Bismark, il quale può essere accusato di tante cose ma non certo di comunismo (questo lo dico nel caso Berlusconi legga questo blog... lui o il suo ufficio censura, insomma): "un politico ha in mente le prossime elezioni, uno statista ha in mente le prossime generazioni". forse perché nelle parole di Franceschini mi sono risuonate queste di Bismark la parola "moralità" questa volta non mi ha fatto il solito brutto effetto (anche perché si vedeva benissimo che Franceschini era in lotta con se stesso per trovare un dannato sinonimo, che tuttavia non gli veniva....). reinterpreto così il bisogno di "moralità": bisogno che la politica parli del futuro, che si metta pazientemente a costruirlo, e che la gente, attorno a questo progetto politico di ampio respiro, ritrovi il senso della partecipazione democratica, che, fuor di metafora, è voglia di impegnarsi, parlare, dibattere, pensare a come fare per costruire un presente più decente di questo. il senso della moralità di Franceschini è questo: il senso di un'impresa collettiva, il sentire che nella politica "ne va di ciascuno di noi". un'idea utopica, già, perché oggi nella politica italiana ne va di uno solo.

per questo dobbiamo smettere di parlare di riforme, chissenefrega delle riforme. chi parla di riforme, di dialogo, oggi è contro quella stessa moralità di cui parla Franceschini, contro quello che io chiamo il "senso collettivo" della politica. tanto più che il PDL ci fa fessi tutti con questa idea che si faranno le riforme, che poi non si faranno mai (ma le vorreste voi le riforme della giustizia varate da uno che a sostegno dell'idea che la magistratura abbia ingerenze politiche porta il fatto che la magistratura ha ingerenze nella sua vita privata?). per questo ci vogliono elezioni subito (per una legislatura breve e "costituente"- oppure, se fosse possibile, un governo tecnico con questo preciso fine), prima che sia troppo tardi. se però partitini e partitoni continuano a fare calcoletti e si passano la palla, tra una dichiarazione e un retrofront, non solo non vedremo mai governi di larga intesa costituzionale, ma non usciremo mai dalla seconda repubblica. per uscire da questo deserto, in effetti, ci vorrebbero degli statisti, mica dei politici.

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