per vidualizzare l'articolo completo: http://yorickthefool.blogspot.co.uk/p/il-golpe-costituzionale-10-tesi.html)
[...] Vediamo ora come essi hanno funzionato nella presente congiuntura del
cambiamento della Costituzione.
1. la costante e reale possibilità di protesta
Nel nostro paese la possibilità di protesta esiste. Si possono indire
manifestazioni, si possono contestare i politici, ci si può opporre senza
essere incarcerati (entro certi limiti). Questo diritto è sancito costituzionalmente.
Se ci vogliamo opporre ad una norma, quale ad esempio il pareggio di bilancio
in costituzione, possiamo organizzare una manifestazione per bloccarne
l’approvazione. Questo, in teoria.
2. la costante e reale possibilità della possibilità di protesta
In teoria, perché per protestare bisogna conoscere che cosa è
all’ordine del giorno. Un cambiamento di Costituzione in Italia è un processo
regolato costituzionalmente, e prevede parecchi passaggi Parlamentari. Ma
questa “lentezza” non è solo il lato negativo della pletorica organizzazione
statale burocratica. Questa lentezza va di pari passo con la possibilità di
dibattito, al contrario del decisionismo politico che opera in velocità per
sottrarre il tempo all’opinione pubblica di informarsi e organizzarsi. Nella
fattispecie di questa riforma costituzionale, scopriamo che è stata modificata,
e scopriamo anche che l’iter è iniziato il 15 dicembre 2011. Avete visto
qualche dibattito? No. La stampa e l’informazione ne hanno dato notizia, hanno
seguito questo iter? Non mi risulta. Almeno, non in modo sostanziale. E nemmeno
dopo l’ultima approvazione del senato c’è stato un dibattito attorno alla
sostanza della riforma, né attorno ai modi. qualche articolo certo c’è stato,
ma non tale da poter sollevare l’opinione pubblica, e questo perché la stampa
classica se ne è ben guardata. Donde: o la stampa mainstream la ritiene
“normale” (cioè tale da non dover suscitare dibattito), ma questo non sarebbe
certo una giustificazione sufficiente; oppure ha interesse a non sollevare
questa questione, perché in qualche modo connivente con l’attuale ceto
politico. in ogni caso, la disinformazione su una norma che può avere effetti
devastanti sui prossimi anni della nostra società, è stata pressoché totale. La
stampa e i mezzi di comunicazione non hanno adempiuto a fornire la possibilità
della formazione di un’opinione, e dunque di un dibattito, su un tema tanto
importante come la modifica della Carta Costituzionale. Lo Stato e la Politica,
a loro volta, non lo hanno fatto. Come conseguenza, i canali alternativi di
informazione sono stati gli unici a trattare l’argomento, ma la loro limitata
capacità di capillarizzazione ha confinato questo argomento alla “nicchia” dei
pochi che, essendo pochi, sono anche impotenti. In questo caso, negli ultimi 5
mesi la condizione numero 2 (la costante e reale possibilità della possibilità
di protesta), da cui dipende il parametro numero 1 (la costante e reale
possibilità di protesta), non ha funzionato ed è stato sospeso. Se l’insieme
dei tre parametri sopra definiti è vicino a definire una vita pubblica
compiutamente democratica, allora siamo vicini a una sospensione di fatto di
una pubblica vita democratica, in presenza tuttavia di una vita formalmente
democratica. In questo caso la forma copre i processi reali del funzionamento
democratico, e coprendoli, di fatto ne sancisce l’abolizione.
3. la costante e reale possibilità che la possibilità di protesta entri
nel circolo dell’istituzione democratica, e che quindi possa incidere sul corso
della deliberazione politica.
Essendo mancata la condizione due, nel caso di questa modifica
costituzionale la possibilità di protesta è stata drasticamente ridotta; di
conseguenza, il punto 3 non si è nemmeno posto. Nel caso di modifica della
Costituzione, è previsto un referendum solo nel caso in cui l’iter parlamentare
non segua il proprio corso dall’inizio alla fine. Ma ora il corso è finito, con
l’approvazione dei due terzi del parlamento ad ogni tornata. Fine della storia,
costituzione modificata. Si dirà che tutto questo è regolato
costituzionalmente, e che quindi è perfettamente democratico (visto che la
Costituzione nostra è democratica). Sì, ma oltre alla succitata distinzione tra
processi formalmente e sostanzialmente democratici, bisogna aggiungere, in
sfavore anche della “forma”, che il presente parlamento è eletto con una legge
elettorale a forte contrazione della sovranità, e il governo che ha promosso
questa modifica, sotto direttiva della Germania, è un governo tecnico. E questo
governo tecnico non ha mai informato (non ha fatto nulla per informare, mi
risulta: ma vi prego smentitemi) il “paese” (che esiste solo quando al ceto
politico va bene, cioè quando servono i sacrifici) di questi cambiamenti, di
cosa comporteranno, della direzione che ci costringeranno a prendere, della
sostanziale frizione tra l’articolo 81 così modificato e altri articoli
costituzionali (ad es.: introducendo il pareggio di bilancio non potremo
investire per lungo tempo in cultura, o nel welfare). Formalmente, dobbiamo dire
che tutto questo è democratico? Solo se continuiamo a usare come concetto di
riferimento un concetto lasco di democrazia, cioè quello da dibattito
televisivo e da comizio di piazza e da titolo di giornale. Se invece prendiamo
come riferimento i tre parametri proposti sopra, dobbiamo dire che non lo è. La
mancanza di una consultazione del “popolo sovrano” dovrebbe sempre, infatti,
essere controbilanciata da una campagna di informazione trasparente sui
processi in atto in parlamento, e dovrebbe accompagnarsi su un costante dialogo
del parlamento con il proprio esterno. Così non è stato. Dobbiamo concludere
che attraverso questo procedimento il popolo italiano è stato scavalcato nella
propria sovranità: dunque: si è trattato di un golpe (tesi 1). Esso è stato
costituzionale in due sensi: avvenuto all’interno dei limiti formali della
democrazia; riguardante la Costituzione stessa.
E se d’ora in poi le riforme costituzionali avvenissero tutte così? non
saremmo in una oligarchia? Parlamentare, certo, ma pur sempre una oligarchia.
Inoltre il parlamento potrebbe approvare una serie di norme che estendessero il
mandato di un parlamento da 5 a 10 anni: basterebbero i due terzi del
parlamento. Questo rischio, ovviamente, fa parte del giocattolo democratico:
esso funziona solo se tutti rispettano regole che non hanno propriamente un
fondamento, perché sono sempre “pattuite”. Esse cioè possono essere infrante in
qualsiasi momento (golpe). Ecco perché la gente reale, in carne ed ossa, deve
sempre esercitare una pressione sul collo dei parlamentari, che, letteralmente,
devono “averne paura”. Ed ecco perché tutto questo iter di modifica costituzionale
si è svolto nel silenzio: una massa di persone che non sa, non fa nulla. La
società italiana è stata ridotta a “paese”, e ad essa con questa mossa è stato
imposto un “bene”. entrambi, per le tesi 4 e 5, non esistono. Sono solo, come
anche un bambino ormai potrebbe vedere, la maschera ideologica dell’oligarchia
economica, che tenta di far ripartire la macchina inceppata del capitalismo e
dello sfruttamento. Per farlo, la democrazia (quella dei tre parametri, tesi 6)
non va bene. La volontà popolare deve essere o manipolata o esclusa da
qualsiasi possibilità di protesta e deliberazione. La stampa deve essere
comprata ed allineata. Il silenzio deve calare sui provvedimenti più
pericolosi. Pericolosi, sì, e per due motivi almeno. Per il modo in cui questo golpe
è stato compiuto, e per la sostanza che introduce nel nostro paese: fine degli
investimenti, controllo sul pareggio del bilancio, tagli della spesa in eccesso
(cioè: welfare, cultura…). E tutto questo con la connivenza di questa classe
politica. E senza che i partiti facessero sapere niente. (ma i “rimborsi” ai
partiti non dovrebbero servire loro per fare politica? E cos’è fare politica se
non creare dibattito, informare, riunire, promuovere la discussione e la
decisione comune?). Enuncio pertanto altre due tesi, che spero di aver provato
nel corso del ragionamento.
Tesi 7: per il “bene del paese”, al popolo è
stata sottratta ogni possibilità di
conoscenza, dibattito e al limite intervento su una materia riguardante “il
bene del paese”.
Tesi 8: Questo cambiamento della
Costituzione, per le modalità con cui è avvenuto, è un golpe.
A questo golpe hanno partecipato gli apparati che dovevano garantire il
parametro 2 (possibilità della possibilità di protesta = informazione). Vi
hanno partecipato le istituzioni, gran parte della Stampa nazionale, le Televisioni, le Radio,
la Chiesa. Un nuovo modello è stato imposto costituzionalmente al nostro paese,
e noi non ne sappiamo nulla, non ne abbiamo mai saputo nulla. Siamo stati
privati della nostra sovranità senza nemmeno accorgercene. Ma chi ha occupato
le televisioni, il parlamento, ecc? chi ha compiuto questo colpo di stato? Chi
sta tentando (perché forse siamo ancora in tempo) di farci varcare questa
soglia epocale, a farci entrare in una nuova era totalmente subordinata
all’idea del profitto? (cosa che viene mascherata dalla parate
moralisticheggianti delle conferenze sulla salute del pianeta, dove vengono
assunti rassicuranti impegni ecologici). Non trovo altro nome che lo “spettro
del capitale”. Uno spettro, però, molto reale. Ne derivano altre due tesi:
Tesi 9: l’ Italia non è un paese democratico
(vedi tesi 6 e 7)
Tesi 10: l’Italia è un paese fondato sul
pareggio di bilancio (poiché tutto dovrà essere subordinato a questo
principio), quindi non sul lavoro (art. 1) e nemmeno sul “bene del paese”, che
non esiste e che nella fattispecie equivale al “bene dei più ricchi e che se la
possono cavare senza problemi da sè”. Per gli altri, il “bene” un giorno verrà.
Forse.
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