mercoledì 15 giugno 2011

PICCOLA ANALISI DELLE ANALISI REFERENDARIE (e abbozzo)

Dopo il successo del referendum le analisi sono state varie, com’era lecito aspettarsi. Vorrei proporre qui, anziché una analisi politica diretta del referendum (operazione che rischierebbe di cadere in banalità, a meno di essere degli esperti politologi, cosa che ovviamente non è), una interpretazione delle interpretazioni che del referendum sono state date. Partirò dal Pdl, perché, si sa, le analisi le fanno sempre gli sconfitti, e questa volta gli sconfitti sono quelli che erano abituati a vincere, e che da un po’, invece, perdono. Anche se non è chiaro se un partito come il Pd abbia davvero vinto, è chiaro invece che il Pdl ha perso e che Berlusconi stesso ha perso. Sono convinto che dall’analisi delle risposte implicite ed esplicite che sono state fornite dal Pdl si possano ricavare indicazioni sulle prossime azioni o non-azioni di questa forza politica (!). Può quindi darsi che una interpretazione al secondo grado, cioè una interpretazione delle interpretazioni, sia una via abbastanza interessante da percorrere per comprendere come si gioca attualmente la questione del potere, ed per intervenire in questa partita.

Ho individuato per ora 5 o 6 (devo decidere se una è autonoma o se è invece appendice di un’altra) interpretazioni, più o meno autonome, del busillis referendario; presento qui le prime due: Vespa-Berlusconi (la più organica al Berlusconismo); Formigoni. Le prossime, di Stracquadanio, Feltri-Ferrara, Lupi, arriveranno nei prossimi giorni. 



1 - la questione del “reale” (il re è nudo)

La prima sfida è non perdere il contatto con la realtà. Il problema non è tanto che siamo in regime di videocrazia (questo fa parte della fase storico-economica che stiamo attraversando come stato membro del blocco capitalistico): il problema qui è la sovversione deliberata che il potere videocratico mette sfrontatamente,  impunemente e volgarmente in atto ogni giorno, inducendo così una perversione del principio di realtà (e questo fa parte, invece, della nostra fase tutta italiana di consegna della repubblica- di noi stessi e della nostra capacità costituente- nelle mani di un plutocrate dall’incontenibile libido e della sua manica di zerbini il cui punto g sembra essere stimolato non da una sensazione tattile ma da un verbo: servire). Il più sfacciato tentativo di sovversione è quello di Vespa: dopo quasi vent’anni un referendum supera il quorum e lui parla di delitti. Cronaca nera. Un programma di tribuna politica parla di delitti! Questo è il più scandaloso tentativo di sovversione del reale di cui la Rai abbia dato prova: Vespa è dunque l’eroe berlusconiano par excellence, il più ardito, quello il cui coraggio arriva al parossismo: l’immaginario (politico) della gente non deve stare al passo con ciò che di politico si produce nel reale, ma ha un’inerzia su cui si può intervenire sempre e anche e soprattutto dopo i fatti. La schizofrenia ottiene qui un’incarnazione nel tentativo di tenere separato “ciò che si sa”, e cioè ciò che provoca emozioni, pensieri, ripensamenti e al limite azioni, e “ciò che accade”: Vespa-Berlusconi (Vespa naturalmente non ha un’autonomia, come ha confessato egli stesso al programma della Gruber, ove ha detto che riceve ogni lunedì una telefonata di Berlusconi che gli dice chi invitare) è quindi qualcosa come un eroe dei due mondi, che tenta di introdurre un virtuale “altro” (non politico) nel reale (politico), con lo scoperto intento di sostituire il primo al secondo; tuttavia, trapassa impercettibilmente nel ridicolo, in cui cadono oggigiorno coloro che questa schizofrenia vorrebbero orchestrare. Perché nel frattempo quelli che si prestano a questo “gioco dello scambio” sono diventati un po’ meno e sono andati alle urne.

Questo ci dice che il potere delle TV e dei media in pugno a Berlusconi non è infinito, e che anzi è stato scalfito da una rete ben organizzata di controinformazione, che si è trasformata in capacità politica in grado di sottrarsi al “virtuale mistificato” e alla sua volgarità, e di ribaltarlo, con questo stesso suo atto politico, in una farsa ridicola. Ci dice però anche un’altra cosa. Ci dice infatti che i casi sono due: 1) gli orchestratori dello spazio virtual-mistificante non hanno intenzione di mollare l’osso, e persisteranno nella loro strategia; oppure 2) essi stessi sono rimasti impigliati nel loro gioco, e non sono ormai che personaggi del loro stesso mondo. In questo secondo caso, per loro non c’è davvero molto da fare, se non l’umana compassione. L’unico problema è che hanno attualmente il potere, e quindi al tema umanistico della compassione subentra momentaneamente il problema politico di come liberarsi di loro. Sia che sia il caso di 1, sia che sia il caso di 2, infatti, nella sua purezza, la conclusione del berlusconismo sul referendum è: il referendum non è esistito. Quali conseguenze può avere ciò che non è esistito? 

2 - la logica dell’autismo (Formigoni)

Formigoni la sera del lunedì referendario, da Lerner, ha dato una interpretazione “tutta politica” (parole sue) del referendum. Formigoni da tempo non lesina critiche al governo, e le sue aspirazioni nazionali sono note a tutti. La sua interpretazione tutta politica è partita (ulteriore schiaffo al Pdl!) dall’accordo con Lerner sul fatto che il referendum fosse una terza “sberla” al Pdl nel giro di poco da parte dell’elettorato italiano. Ma poi ha proseguito in modo a dir poco stupefacente: secondo lui il referendum sarebbe stato “usato” dall’elettorato, e in particolare da quello del Pdl, per mandare un segnale al governo che “così non va”. Fin qui, si potrebbe anche essere d’accordo (se non altro per l’alto livello di genericità); ma poi Formigoni prosegue dicendo che gli elettori del Pdl avrebbero “votato qualsiasi cosa” pur di avere la possibilità di dare un segnale al governo. Inutili le proteste delle controparti (“ma così sminuisce il referendum!”): Formigoni è certo che sia così. Per lui, a determinare la sconfitta del governo a questo referendum sono stati gli elettori del Pdl, che hanno colto l’occasione di poter dare un buffetto al governo. Per lui, quindi, la maggioranza degli italiani è sicuramente a favore del governo; è indifferente completamente ai temi del referendum; se verrà ascoltata un pochino ritornerà docilmente a votare Pdl, e tutti torneremo felici e contenti (!). Chiamo questa interpretazione autistica. Essa non concepisce un “fuori”. Esiste solo il Pdl, il migliore dei partiti possibili, e coloro che non vogliono che sull’acqua si facciano profitti, che l’Italia produca scorie nucleari e che vogliono che Berlusconi si faccia processare una buona volta stanno solo chiedendo qualche riforma in tema di economia (e infatti, è il giorno dopo partito il “Fisco per l’estate”, come ha detto Bersani), o solo esprimendo in maniera confusa il loro altrettanto confuso scontento. Formigoni ha interpretato così anche la batosta al primo turno della Moratti, salvo poi perdere le staffe due settimane dopo. Per lui tutto è in riferimento al Pdl. Il modello assomiglia a quello cattolico, per il quale coloro che non sono cristiani sono “lontani” da un centro che hanno smarrito, ma che prima o poi vi ritorneranno. La capacità di pensiero del suo elettorato è da Formigoni radicalmente azzerata: gli elettori non sanno che cosa è meglio per loro, stanno solo chiedendo al governo di condurli meglio, e al diavolo l’acqua e il nucleare, che di per sé non contano niente! quanto agli altri, bé, sono comunque minoranza, e perderanno di sicuro le prossime elezioni. [continua]





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