Chi lo sa. Ma la seconda repubblica, poi, cos’è stata? Ero giovane quando è cominciata. Lo sfaldamento della DC si consumava mentre passavo i pomeriggi nel giardino di casa di qualche vicino, giocando a pallone o a “nascondino” (qualche volta si giocava con gli antenati della playstation, d’accordo, ma i vecchi nonni erano ancora abbastanza savi da permettercene l’uso solo in giornate di pioggia); il PC non me lo ricordo nemmeno, la mia mente retrocede solo fino alla figura di Occhetto e al PDS già sconfitto. Ricordo qualche immagine di Craxi, ma più dell’esilio che dello scandalo in patria. Ricordo qualche cosa della Rete (che non era ancora Internet), perché se ne parlava in casa. Non ricordo niente dell’MSI né di Fini prima di Fiuggi: scoprii che il fascismo non esisteva più dal 1994 (cavolo, mi dissi, mica da tanto…) grazie proprio all’uomo della transizione, al pupillo di Almirante. E poi, last ma purtroppo niente affatto least, ricordo l’uomo destinato a infestare anche i miei sogni (!) nei seguenti, lunghi, terrificanti anni. Berlusconi, che aveva inventato Bim Bum Bam e che faceva vincere il Milan, due mie grandi passioni. Da lì è cominciato un periodo di strane alchimie. Ho visto la sinistra perdere anche quando vinceva, e lui vincere anche quando perdeva; i partiti usciti dal vecchio glorioso PC (per fortuna allora non ancora un computer!) arrancare, perdere terreno, giocare ogni due per tre la carta della metamorfosi scissionista, tentare addirittura la strada della fisica subatomica; e dall’altra parte il suo sorriso, minaccioso come quello di un clown assassino, fagocitare pezzi di vita democratica, smembrare il corpo sociale italiano svuotandolo, con la sua sinistra egemonia (ironia gramsciana) da italia-uno, di ogni capacità di resistenza critica. Mi sono piano piano reso conto di una cosa: che il fenomeno Berlusconi è anche l’antifenomeno della sinistra italiana. È il suo rovescio, e la sua vittoria porta il marchio dei problemi della nostra sinistra. Non saprei analizzarli, non adesso e non qui. Ma una vittoria è sempre virtù del vincente e debolezza dell’avversario, e un dito puntato senza il rovescio della medaglia, la vecchia e umana autoanalisi, manterrebbe il gusto acerbo del risentimento immaturo.
Se la seconda repubblica è stata l’ascesa di Berlusconi, allora è frettoloso dire che la seconda repubblica è finita. Sebbene sembri che la sua fine sia vicina, io ho ancora troppo viva nella mente la sequela di alchimie che mister B ha dato prova di saper arrangiare in questi anni. Si potrebbe dire che è finita solo se fosse da identificarsi con l’alleanza Berlusconi-Fini, ma francamente questa mi sembra una esagerazione storica: Fini è sempre stato il numero due in attesa, e non sarebbe mai esistito, a questi livelli, senza Berlusconi. Forse la progressiva consapevolezza di questa subalternità non solo contingente e fattuale, ma genetica e intrinseca, è stato il fattore che ha portato Fini a cercare una via che lo smarcasse definitivamente dal Cavaliere, una via che lo portasse ad essere un interlocutore politico su basi intellettuali del tutto distinte da quelle del suo mecenate.
Dunque, se lo scossone c’è stato, e nessuno può dire che non ci sia stato, ciò non vuole ancora dire che siamo al di là di Berlusconi, oltre la seconda repubblica, in uno scenario nuovo e in una nuova (insperata) fase democratica (in cui perlomeno, si possa tentare un pieno recupero dei dispositivi democratici inceppati). Non è difficile intuire che il governo attuale, così, non durerà molto, e Berlusconi questo lo sa, o almeno se n’è reso conto quando ha visto crescere (con sua sorpresa, giacché i numeri che aveva erano un po’ inferiori) le adesioni al gruppo finiano; non è difficile nemmeno capire che cosa egli proverà a fare. Probabilmente, constatata l’impossibilità di tenuta dell’attuale maggioranza, tenterà di andare dal “suo” popolo, quello stesso che negli ultimi vent’anni ha drogato quotidianamente, per un plebiscito. E con questa legge elettorale, liberatosi di Fini, potrebbe ottenere da solo il premio di maggioranza e guadagnare, almeno alla camera, una maggioranza schiacciante e al riparo da dissidi interni. Al senato le cose starebbero diversamente, ma fa parte della strategia di Berlusconi andare quanto prima alle elezioni, prima che Fini si organizzi sul territorio, e giocare sul fattore psicologico del voto utile (cercando magari alleanze con l’UDC?). La partita adesso non può che giocarsi su due fronti: il fronte della legge elettorale e quello della proposta di una forza di alternativa. C’è bisogno, per come la vedo io, di una spallata alla seconda repubblica, se si vuole che essa cada davvero, di una piccola (si fa per dire) spintarella. Le forze di opposizione, parlamentari ed extraparlamentari, dovrebbero immediatamente proporre una “agenda dell’alternativa”, che inizi dalla proposta di una riforma elettorale che ci liberi da questa legge da camera delle corporazioni di stampo fascista in cui non si sa nemmeno chi si vota e che reintroduca un equilibrio proporzionale. Questo, assieme ad alcuni provvedimenti urgenti in materia di lavoro, dovrebbe fare un governo di transizione. Allo stesso tempo però la sinistra italiana dovrebbe, abbastanza rapidamente, prendere sul serio l’idea di fare campagna elettorale. Il che la costringerebbe, ipso facto, a chiarirsi e a chiarirci le idee. Perché se la legge elettorale reintrodurrà un minimo di senso di democrazia, poi i contenuti devono essere apportati con i programmi e le scelte. Qui, è chiaro, rischia di nuovo di evidenziarsi quel centro vuoto attorno a cui il PD e non solo stanno attualmente gravitando. Ma il positivo può scaturire dal negativo, e questo è forse il momento buono per dar prova che di qualche alchimia si è capaci anche a sinistra. Da questa alchimia, da farsi in fretta e furia e con urgenza, possono scaturire le basi della Terza Repubblica.
(Ps: alcune domande. La sinistra secondo me dovrebbe, tanto per cominciare, saper rispondere a questi interrogativi: chi vuol dialogare con chi? Pd, Federazione della Sinistra, Sel, vogliono o non vogliono costruire un programma comune? Se la risposta fosse positivo, si dovrebbe cominciare immediatamente, procedere alle primarie e presentarsi uniti e convinti attorno ad un programma condiviso di cui si sia fieri. Se poi si vincesse, bè, sarebbe un bell’inizio per questa terza Repubblica!)
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