
proponiamo qui una analisi di ciò che è avvenuto, divisa in tre parti. qui di seguito la parte I.
Il golpe
Un golpe è un colpo di stato. Noi
oggi viviamo in un mondo democratico, liberale, capitalista, in cui pensiamo
che un golpe sia una parola passata di moda, buona per descrivere soltanto
qualcosa del passato o eventi contemporanei in mondi lontani. non sarà che ci è
sfuggito il rinnovamento semantico di questa parola? Quindi la domanda è: esiste una “attualità” del golpe? In questo post vorrei sostenere che
esiste, e che è appena stato compiuto senza che noi ce ne accorgessimo. Qui, in
Italia, dal nostro governo, e con l’assenso di tutte le forze istituzionali che
contano. Mi direte alla fine, se avrete la pazienza di leggere fino in fondo,
se sto esagerando. Ma a mio modo di vedere, quello che è successo è talmente
grave da meritare una parola forte, per provare almeno a farsi sentire. Solo un
matto potrebbe parlare di “golpe” in Italia, nel 2012. Del resto, non ho a caso
invocato “yorick the fool” a patrocinare le mie riflessioni.
Offro una definizione minimale: un
colpo di stato scavalca la sovranità Lo può fare in molti modi. Può farlo mostrando che lo fa: oggi golpe così non
se ne vedono in giro. Può farlo, inoltre, dando l’idea di farlo per il bene del
paese. Tutti i colpi di stato rientrano in questa categoria: mai nessuno è
salito al potere dichiarando di volere il male del paese. Quindi: 1) Il golpe
che oggi avviene, e di cui mi voglio occupare, è un incrocio di queste due
categorie: mostra di non essere un
golpe (primo parametro, volto in negativo), perché chi lo vuole negare lo fa
additando il suo incardinamento nelle istituzioni democratiche e la sua
dipendenza da procedure democratiche. Ma, come vedremo più oltre in modo
sintetico (ma spero efficace), con buona pace del proceduralismo e del
formalismo, i criteri formali non sono mai sufficienti per definire una vita
democratica. Si tratta di una deficienza sostanziale del concetto di democrazia
(di cui sarà meglio parlare un’altra volta). 2) afferma di farlo per il “bene
del paese”, cosa che come abbiamo detto è una costante di tutti i colpi di
stato: di conseguenza, essendo un ubiqua forma di autolegittimazione, può
subito essere scartata come ininfluente per la conoscenza dei processi politici (con conoscenza intendo: non idea
vaga, approssimativa, ma un’idea il più possibile “chiara e distinta”. Lascio perdere
se una tale idea sia possibile in assoluto: per ora mi basta trovarvi d’accordo
sul fatto che esistono alcune idee più chiare e più distinte di altre). Questo
criterio (il “bene del paese”) appartiene sia ai processi democratici che a
quelli non democratici. Monti è stato chiamato per il bene del paese, come
Berlusconi si è candidato per il bene del paese, come il PD si è formato per il
bene del paese. Tutti per il bene del paese. Ma più un governo, o un
parlamento, insiste sul “bene del paese”, più è lecito sospettare qualcosa al
di sotto di questi richiami. In una democrazia il bene del paese dovrebbe
essere scontato. Ma cos’è il “bene del paese”? Prima di analizzare
quest’espressione, vorrei consolidare due tesi.
Tesi 1: un golpe è uno scavalcamento
di sovranità.
Non userò quindi questa parola per
indicare i concetti di totalitarismo, dittatura, e simili. La dittatura di
solito si costruisce con un golpe maggiore (Golpe) che annulla il bisogno di
tutti gli altri golpe secondari definiti come in Tesi 1. In assenza di quel
Golpe (che solitamente è militare), formalmente non c’è un inizio di dittatura.
Ma l’imperfezione del concetto di democrazia sta nel fatto che la sovranità può
sempre essere scavalcata, e quindi ci possono essere dei golpe (con la “g”
piccola) pur restando un paese, formalmente, all’interno di una cornice
democratica. Le dichiarazioni di coloro che si impegnano nel portare a termine
un golpe (anche piccolo) nel riaffermare lo stazionamento in un orbita
democratica fa leva sia sul fatto che “democrazia” è un concetto (dico:
concetto) intricato e problematico, e allo stesso tempo si appoggia sulla
vaghezza del concetto comune di democrazia (quello che lo zio, la mamma e il
papà, gli amici, intendono con questa parola). In un certo senso, nel dibattito
politico, democrazia significa poco. Da cui la seconda tesi.
Tesi 2: nel dibattito politico
quotidiano, e quindi nella società mediatizzata in cui ci troviamo a vivere,
“democrazia” non è un concetto. (Ovvero, quando sentiamo questa parola non ci
si presenta alla mente un’idea chiara e distinta, ma abbiamo spesso la
sensazione che sia usata un po’ come un passe-partout.)
Mi spingo anche un po’ più in là.
Non solo viene usato come un non-concetto, ma viene di proposito usato come un non-concetto. Il significato di questo
concetto si allarga, e quindi si sfuma, e quindi tutti “ci sentiamo” in
democrazia. In realtà il momento democratico è ridotto al puro momento
elettorale (cosa di per sé non disdicevole, ma la democrazia non vive di
elezioni e basta) in cui la sovranità è contratta da una legge elettorale
particolare, e vive quotidianamente nei sondaggi,
che sono la nuova fonte della legittimità politica. Senza inoltrarci ora nella
questione della formazione (libertà di informazione, nuove tecnologie,
manipolazione classica e manipolazione informatica) dell’opinione, bisogna
almeno riconoscere che una democrazia che vive quotidianamente sui sondaggi e
ogni tanto su un voto azzoppato, è una democrazia in cui la sovranità del demos vive una vita un po’ particolare.
Per ora registriamo che il concetto e la pratica democratica vivono attualmente
un rapporto di “restrizione” (voto a crocette) e di “illusione” (legittimità
confinata ai sondaggi, fatti (cioè pagati) un po’ da chiunque). Forniremo poi tre parametri
con i quali si cercherà di definire, nel modo più generale possibile, il
concetto di democrazia e quindi di sovranità.
Il bene del paese
Il “bene del paese”,
come abbiamo detto, è uno slogan buono per tutti i regimi politico e per tutte
le stagioni. Sarò un po’ banale, ora. Ma è meglio fare le cose con calma e
capirle per bene. Il “bene del paese” invoca i concetti di “bene” e di “paese”.
Oggi il bene viene identificato con il concetto di “sviluppo”, e questa con
quella di sviluppo “economico”: e su questo non ci possono essere dubbi. Il
bene è dunque qualcosa di economico (ma non nel senso che “costa poco”….). Il
“paese”, da parte sua, è un astrazione cui si fa ricorso quando si devono
introdurre delle norme che a loro volta introducono sacrifici. Allora il paese
funziona come concetto di coesione e di unità, una unità che.... [continua]
per rimanere informati sull'uscita delle parti II e III clicca qui
qui, intanto, alcuni links ad articoli usciti sul tema.
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