Progetto Yorick
Chi è Yorick? tutti conoscono Amleto, almeno per sentito dire. ma Yorick? eppure tutti sanno che Amleto, ad un certo punto dello spettacolo, tiene in mano un teschio, e tutti sanno che Amleto è colui che si chiede se sia più nobile "essere o non essere". ciò che non tutti sanno è che le due cose non avvengono contemporaneamente, che la fatidica domanda e la fatidica scena del teschio sono una nell'atto terzo e l'altra nell'atto quinto, e che solo la riduzione a icona del personaggio di Amleto ne ha determinato la sovrapposizione in un'unica immagine-simbolo. ma la saggezza collettiva ha le sue ragioni e le sue verità. Yorick è il teschio stretto nelle mani dal principe di Danimarca nell'atto quinto, quando egli, decisosi per il duello e per l'azione, sa di aver scelto la morte; quel momento è dunque la condensazione visuale e materiale di ciò che è solo presentito nel famoso monologo dell'atto terzo: cioè che l'azione, il decidersi per "essere" (su un piano etico), in un mondo "fuori di sesto" (come Amleto chiama la corte di Danimarca nell'atto primo), è destinata a coincidere con il "non essere" ontologico, cioè con la morte. ma c'è di più. nel teatro elisabettiano il fool è il contrappunto costante della saggezza malata dell'eroe, colui che, proprio per il suo ruolo nella corte (si pensi a Re Lear) è investito del potere della parola vera, perchè la sua stessa provenienza ne estingue già da subito il potere predicativo. pronunciata da un matto, la parola assertiva diventa già da subito una parola immaginaria, viene sospeso il suo riferimento al mondo: ed è per questo che il matto si esprime attraverso delle storie, finzioni per eccellenza. ma il pubblico elisabettiano, e poi tutto il pubblico naturalmente, con sguardo ab externo può vedere la verità della finzione, il potere descrittivo delle parole del fool. egli è, di fatto, la verità espressa dall'interno. ma più che dire che egli rapresenta la verità, è più appropriato dire che il fool rappresenta la possibilità di uno sguardo da un altrove dagli altri non pensato, uno sguardo obliquo che, se si modificasse l'orientamento del mondo, potrebbe diventare sguardo diritto esso stesso. questa figura manca totalmente nell' Amleto. manca come presenza: ma è presente come assenza: "Ahi, povero Yorick. l'ho conosciuto, Orazio, un uomo di un brio inesauribile, d'una fantasia senza pari. m'ha portato in spalla mille volte, e adesso....", dice il principe, tenendo in mano il cranio che il becchino ha appena trovato nella fossa che sarà destinata ad Ofelia. in questa tragedia il matto, o voce della verità, è assente perché è Amleto stesso che deve maturare in sé la verità, e non dirla ma agirla. la pazzia di Amleto allora può essere vista come una crescita, dentro il personaggio-protagonista, del matto che lo deve accompagnare. Amleto è dunque doppio: in base al suo essere il fool (ed il teschio tenuto tra le mani poco prima dell'azione del duello è un vero passaggio di consegne) deve dire la sua verità, un'altra verità rispetto alle menzogne della corte di Danimarca; mentre in base al suo essere il protagonista, non può limitarsi a dire questa verità ma deve invece inscenarla, agirla.
Yorick dunque, di per sè, non ha mai avuto voce; egli parla nelle voci altrui, quasi come una risonanza interna ed invisibile. Non è forse il momento che anche in noi, come in Amleto, la sua voce inizi a parlare? è per provare ad articolare in parole e pensieri un'altra idea di presente, per dire ciò che forse non si dovrebbe dire (ciò che è scomodo dire?), per fare proposte "inattuali" nel senso di Nietzsche, proposte fuori tempo... utopiche, che qui si tenta di risvegliare la sua voce. perchè dovremo rimanere confinati in ciò che è e non provare ad inventare ciò che ancora non è? ma per fare ciò, ci vuole un po' di follia; anzi, c'è bisogno del risveglio di una moltitudine di folli. la follia è definita solo dalla prospettiva di ciò che detta le regole, di ciò che "domina". Musil lo chiama "il senso della realtà", e già quasi un secolo fa si chiedeva perchè mai "si dovrebbe dare più importanza a ciò che è, che a ciò che non è". per lui, dare più importanza a ciò che non è o non è ancora è vivere secondo il "senso della possibilità", più che secondo quello della "realtà".
questo spazio vuole dunque essere uno spazio di pensiero folle come è stato sopra definito, un contributo allo svilpuppo del "senso del possibile". naturalmente è una velleità del tutto utopistica; ma se non lo fosse, non si tradirebbe in partenza lo spirito che si vuole promuovere?
in un momento in cui l'arretramento dei valori democratici prepara forse lo scenario funesto quale quello in cui visse il principe di danimarca, forse solo un risveglio collettivo di una nuova follia visionaria può condurre a pensare ancora il futuro come qualcosa di diverso da questo presente. questo proposito vuole servire il tentativo di risvegliare la voce di Yorick il matto.
questo vorrebbe essere un blog partecipato. se avete articoli, provocazioni, commenti folli, poesie, ecc. ecc., e volete condividerle, inviateli a yorickthefool@gmail.com; Yorick sarà lieto di avere molte voci, più voci possibile.
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